L’area su cui si sarebbe edificata la filanda vedeva sorgere fin dal XVI secolo la villa della famiglia Donà, patrizi di Venezia, che attorno aveva terreni e acque.
Dopo alterne vicende, nel 1847 l’edificio con la vasta tenuta è acquistato da Moisè Vita Jacur (1797-1877) finanziere di Padova, ebreo, cofondatore delle Assicurazioni Generali di Trieste, possessore di una banca e titolare di un centro per scambi commerciali.
Il proprietario, sistemati negli anni successivi poderi e villa con la formazione di un giardino all’inglese ancora in buona parte esistente, sposa una delle tre figlie, Anna Corona Jacur, a Moisè Salomone Romanin con l’accordo di continuare il casato col nome di Romanin-Jacur.
Uno dei figli della coppia, Leone Jachia Romanin-Jacur (1847-1928), laureato in ingegneria e matematica, aperto alle innovazioni dell’Ottocento, fu incaricato nel 1871 dal nonno materno Moisè Vita di progettare la filanda nel modo migliore consentito dallo stato dell’arte.
Il nonno avrebbe fornito i capitali necessari.
Il complesso della filanda venne studiato con cura da Leone il quale effettuò viaggi in Italia e in Europa, per apprendere il meglio della tecnica di trattura.
In particolare, la sala della filatura venne dotata di uno speciale e innovativo impianto di ricambio dell'aria che risolveva molto bene il grave problema della fumana: la fastidiosa condensa dell’acqua che evaporava dalle bacinelle di trattura
e che, nei mesi freddi, impediva di vedere a pochi metri all’interno della sala di trattura.
Il nuovo metodo di aerazione escogitato fu illustrato da Leone Romanin-Jacur nel 1874 presso l'Accademia Patavina di Scienze Lettere e Arti con una dettagliatissima relazione.
Fu poi adottato da numerose altre filande in Veneto, Lombardia e Piemonte.